POTENZA SOTTO ASSEDIO
POTENZA SOTTO ASSEDIO
In questi giorni Potenza è continuamente attraversata dal via-vai di macchine della polizia, dei carabinieri, della guardia di finanza. Controlli a tappeto in tutto il capoluogo, un grande dispiegamento di risorse umane ed energie. Non stupisce, dato l’aumento dello spaccio e del consumo di eroina degli ultimi tempi. Si abbassano i prezzi, si inaspriscono le sostanze, ed il commercio di droga è sostenuto anche da una manovalanza straniera, poco inserita nel tessuto sociale ed economico, profilo perfetto per le campagne di assunzione della malavita. All’altro capo del Paese c’è chi parla di annullare il principio della modica quantità, che in sostanza discrimina, in sede di giudizio, chi si macchia di crimini legati alla detenzione ed allo spaccio di stupefacenti in base ad una soglia di quantità di sostanza venduta. Chi transita nei contesti della droga, in parole povere, è un criminale dello stesso calibro, indipendentemente da quanta “roba” gli si trova addosso. Tutto questo è indice positivo di un aumento di interesse all’argomento. Ma a cosa porta il quadro attuale? O meglio, a cosa torna?
Torniamo a più di venti anni fa, quando la dipendenza e l’abuso erano semplicemente devianze, un problema principalmente comportamentale; e a devianza si risponde con l’intransigenza della legge, la rigidità delle sbarre, la fermezza delle volanti. Un modello che ha come unica “arma” la regola, inviolabile e sacra muraglia a garanzia di ciò che è giusto e di ciò che è sbagliato. A difesa della Porta Principale si erge il sistema di premi e punizioni, il quale, nella teoria, dando struttura solida a ciò che è carente e debole, ovvero la volontà del soggetto, rinforzerebbe la parte buona e giusta della persona e scardinerebbe ciò che è malato, marcio, deleterio.
In un periodo in cui il dialogo e gli spazi-per-pensare sono messi da parte a favore del passaggio all’azione diretta, immediata, priva di sfumature, le soluzioni ad una problematica come l’uso e l’abuso di stupefacenti, con tutto ciò che gravita attorno, sembrano rispecchiare in pieno l’impostazione ideologica, culturale e politica attuale, che predilige il principio del “tutto o niente”, del “subito o mai”, del “criminale o brava persona”, senza mediazioni, senza le “inutili” zavorre della complessità. Più controllo al posto della sensibilità, quindi, più pattuglie invece di persone per supportare, più repressione ed occhi per vigilare invece di orecchie e cuori per ascoltare. Sotto l’assedio delle sostanze, in cui ci troviamo per una serie di fattori economici, sociali e geopolitici, tra aumento del disagio e crollo dei prezzi di produzione, il rischio è che l’unica risposta sia il compattarsi dietro un pensiero di pietra che, per difendere le proprie mura, lascia inaridire i campi fuori e dentro il recinto più intimo di ciascuno.
Quando ci si chiude in difesa, tuttavia, contro questo nemico, ci si sta arrendendo alla sconfitta, si diventa passivi controllori di vite alla deriva. È un gioco a perdere, che ci solleva per un attimo dall’avvertire il disagio di una generazione che si droga di più e comincia a drogarsi più precocemente, anche in una città piccola come Potenza; un gioco che dà illusioni, grottescamente simile a ciò che ci si prefigge di combattere. Bisognerebbe invece giocare in attacco, porsi come agenti di cambiamento, accettare che il problema non è esclusivamente giuridico, ma manifestazione di una sofferenza più profonda, esito di una risposta rischiosa e spesso fatale agli eventi di un’intera esistenza. Sarebbe necessario insomma un cambio di strategia, che si avvalga della guida di chi sul territorio ci ha già vissuto e combattuto per anni, di chi si è speso nei contesti di cura reinserendo speranza, accompagnando la ripartenza di progetti di vita bloccati o gravemente danneggiati. Sostituire gli stendardi dell’irremovibilità con quelli di una com-prensione determinata, in campo aperto, ci proteggerebbe dal rischio di saccheggiare dall’interno il bene più prezioso: La persona umana, con le sue sfaccettature, i suoi errori, le sue difficoltà.
Per sciogliere i nodi è più utile una mano che ne segue il filo di una lama affilata che lo taglia.
Ufficio Stampa Insieme
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