Smettere di essere eroi nell’emergenza e ridiventare burocrati nell’ordinario…

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Non c’è giorno che clandestini disperati che non hanno nulla da perdere, si imbarcano sopra le decrepiti imbarcazioni che li porteranno non si sa dove, verso quella che credono la salvezza, ma spesso trovano la morte. E non c’è giorno che come operatori sociali non viviamo la frustrazione per non essere tenuti in considerazione…noi che abbiamo le nostre vite ben saldate sul sociale. E non c’ è giorno che davanti a tanto sgomento e scempio non nutriamo la rabbia di chi combatte contro le ingiustizie e dalla parte degli ultimi. E non c’è giorno in cui, per dignità e per missione, siamo anticipatori di servizi e garantiamo risposte di emergenza.

Ma davanti a tale emergenza non possiamo essere ridotti strategicamente, indolentemente e colpevolmente al ruolo dei tappabuchi.

E, ancora, non c’è giorno che come terzo settore pensiamo e urliamo “Basta con le risposte di emergenza. Si faccia programmazione”.

Le autorità di governo nazionale e regionale devono capire che non è più “emergenza”.

Le autorità nazionali, regionali e locali non organizzano SERIAMENTE un coordinamento istituzionale, ma soprattutto efficace, fra Terzo Settore, Comuni ed hanno, dunque, gravissima responsabilità etica e politica.

Qui si tratta di dover concretizzare un rapporto strutturale fra bisogni programmabili e disponibilità di livello regionale. Bisogna capire che non siamo di fronte alla emergenza di un campo di persone Rom ma in presenza di una modificazione geopolitica dei flussi migratori strutturale. Ci vuole un piano regionale serio che si occupi di accoglienze residenziali e di solo transito, che sia in grado di accogliere adulti, donne e bambini ed i bisogni di intere popolazioni di migranti.

Se usciamo dalla logica dell’emergenza e troviamo una responsabilità istituzionale che faccia programmazione dignitosa forse potremo affrontare con maggiore serietà la questione.

Fare una programmazione strutturale significa non solo censire le strutture di accoglienza disponibili tra quelle religiose, statali e militari ma anche programmare, tra tutti gli enti accreditati, la costituzione di micro èquipe di operatori sociali e mediatori culturali reperibili h24 come base organizzativo-funzionale certa di una accoglienza adeguata. Certo bisogna fare una mappa a livello regionale ma soprattutto bisogna che la Regione trovi un fondo straordinario di intervento e che sia regista di tutto ciò in modo efficace ed efficiente.

Soprattutto bisogna smetterla di fare gli eroi nella emergenza e ridiventare burocrati nell’ordinario.

La rabbia nel cuore non ha radici chilometricamente lontane: basta passeggiare per la città di Potenza, per esempio, e solo un cieco non vedrebbe la numerosità di gente extracomunitaria che popola le strade. Su questo numero di Via del Sociale l’articolo fotografico ci mostra le immagini del tunnel/alloggio dove gli immigrati dormono, mangiano e trascorrono la notte.

E ancora una volta, (ma sono aperto a ogni rettifica) si va sull’assistenzialismo: di certo non metto in discussione la generosità personale e la capacità di assistenza umanitaria di tante donne e uomini potentini o della straordinaria Caritas e di tanto Terzo Settore di qualità.

Mi chiedo, però quando riusciremo a fare una seria programmazione? Non vorrei che fosse la mia, una profezia che si avvera: all’indomani delle prime nevicate e (spero di no) del primo senzatetto morto dal freddo, solo allora vedremo la moltitudine di immigrati a Potenza e ci chiederemo cosa fare?

Dott. Domenico Maggi

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