Laboratorio di dignità

Centro polifunzionale integrato “Potenza Città sociale”: Laboratorio di dignità

Le persone che arrivano alle nostre strutture terapeutico-riabilitative per le dipendenze patologiche sicuramente sono diverse per sostanza elettiva, sesso, età, status socio-economico e storia familiare. Ma c’è un filo rosso che le lega strettamente: una dignità violata. Tutti, chi più chi meno, avvertono di non essere pienamente “padroni di sé stessi”, in quanto non riescono ad esercitare le proprie facoltà cognitive, decisionali e ad attuare ciò che vogliono senza subire o produrre condizionamenti negativi. Chi vive una condizione di dipendenza patologica mortifica la propria coscienza, non considera importante il proprio valore morale e non ritiene importante tutelarne la salvaguardia ma soprattutto compromette l’idea di dignità su due versanti: uno interno – soggettivo – costituito dalla consapevolezza che ognuno ha della propria autonomia e libertà, ed uno esterno –oggettivo – che è dato dal riconoscimento e dal rispetto da parte degli altri di questa caratteristica intrinseca di ogni persona.

Tale perdita di dignità rende i dipendenti patologici (tossicodipendenti, alcolisti, giocatori patologici e poli consumatori) persone che non si riconoscono una dignità, ma soprattutto a cui non viene riconosciuta una dignità.

Come struttura terapeutica promuoviamo dei principi che fanno da guida al nostro complicato mestiere di accogliere il disagio e, attraverso percorsi mirati e diversificati, trasformarlo in risorsa per la società e per se stessi. Tra i principi affermiamo di accogliere la storia e la vita di una persona più che il suo problema. Tale criterio ci ha portato anni fa a decidere che all’interno delle nostre strutture siano bandite le perquisizioni sia agli ingressi che una tantum. E ovviamente che i cancelli siano aperti.

Ogni volta che arriva una persona non ci chiediamo se sia stato un ladro fino a cinque minuti prima, un rapinatore, uno spacciatore, un criminale, un malato, un sieropositivo o altro, l’unica cosa certa che sappiamo è che è una persona e come tale gli riconosciamo la propria dignità. Nelle strutture che si occupano di dipendenza all’ingresso in comunità una persona viene perquisita, gli si fruga nei bagagli, si guarda negli oggetti personali.

Tutto ciò a nostro parere è altamente indignitoso.

Certamente il liscio della teoria può trovare intoppi nella ruvidità della pratica. Ma a distanza di circa quattro anni possiamo affermare di non aver registrato episodi ricorrenti e degni di denuncia riguardo a introduzioni di sostanze in struttura. Sentire riconosciuta la propria dignità ben integrata ad atteggiamenti di fiducia attiva negli ospiti una sorta di incredulità e di confusione ma allo stesso tempo avvia una relazione di riconoscenza (nel senso letterale) reciproca.

Siamo convinti che la dignità non è negoziabile, non ha prezzo. Riconoscerla anche al “peggiore” dei nemici è la migliore risposta possibile alla logica dell’avversione e del recupero della persona. Tale riconoscimento della dignità non deve essere considerato come un atto generoso o caritatevole concesso sotto l’impulso della comprensione, ma come garanzia morale e giuridica della dignità stessa. Questo riconoscimento deve tracciare un solco profondo fra la cultura della vita a cui si va incontro e quello della morte di cui le sostanze tutte sono intrise.

Noi cerchiamo sin dal primo passo nel Centro di restituirgli un pezzo di dignità, un assegno in bianco di fiducia. Riconosciamo la dignità come un diritto assertivo.

Un diritto è assertivo quando non è ottenuto sottoforma di concessione accettata passivamente. Il primo, fondamentale, diritto assertivo è quello di essere trattati con rispetto e dignità. Ma che vuol dire, davvero? Una persona ci tratta con rispetto e dignità se ci considera suoi pari, se ritiene i nostri bisogni degni tanto quanto i suoi. Se tiene in conto e non svaluta il nostro punto di vista, sebbene sia diverso dal suo. Se dovendoci rivolgere delle critiche, le formula in maniera che siano utili a noi per migliorare e le indirizza al frutto del nostro operare e non a noi come persona. Se accetta con serenità i “no” che provengono da noi e formula i suoi “no” senza che questi mettano in dubbio il nostro valore personale. Gli uomini e le donne che lavorano al Centro Polifunzionale “Potenza Città Sociale” hanno fatto di tutto ciò il proprio credo, ma soprattutto la propria metodologia di relazionarsi all’altro qualsiasi esso sia ricevendo, più spesso di quanto si possa immaginare, il dono di vedere, negli occhi di chi si lascia guidare, la scintilla di una vita dignitosa.

 Dott. Domenico Maggi

Direttore Centro Polifunzionale Integrato “Potenza Città Sociale

«La dignità umana è inviolabile ed è un valore che non ha prezzo. Non può esistere dignità sociale o collettiva senza dignità individuale della persona, cosí come non può esistere dignità della persona senza dignità sociale.

 

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