“Potenza città sociale” un Ponte tra dentro e fuori

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Il passaggio a livello si è chiuso dietro di me. Sono stato fortunato altrimenti avrei dovuto aspettare accanto al serpente di macchine che inizia a formarsi, me ne accorgo dal maledetto suono dei clacson di chi non ha pazienza nemmeno per godersi il sole che per la prima volta quest’anno sembra affacciarsi in città. Per caso do un’occhiata al cellulare, sono le dodici e venti, troppo presto per il pranzo ma troppo tardi ormai per visitare il Centro Polifunzionale Integrato “Potenza Città Sociale” dell’associazione insieme. Poco male, avrò tempo di farlo dopo mangiato. E’ strano vedere il distacco che c’è tra il “dentro” e il “fuori”, tra il trantran quotidiano scandito da pause pranzo, automobili incolonnate e nevrotici che scappano in attesa di rinchiudersi nelle abitazioni, e quel mondo recintato, fatto di casette a schiera colorate, il cui guardiano è un volpino bianco che si muove con la sicurezza di un leone. Difficile da descrivere. Là ci sono i ragazzi e ragazze, volontari e dipendenti, e si confondono, fino a non riuscire a riconoscere chi ci lavora da chi ci abita. Ognuno fa qualcosa. Mi viene da pensare che forse questo è il senso reale del termine comunità, non un modo abusato per definire uno spazio di risposta al disagio ma una pratica di stare insieme, di vivere spazi e relazioni in maniera diversa, più umana. Il tempo sembra scorrere diversamente rispetto a qualche minuto prima, dalla frenesia dell’ora di punta osservata prima di entrare si passa alla tranquillità dei gesti e delle azioni, alcuni stanno cucinando mentre altri sono intenti a rompere un muro, devono ingrandire una stanza, dicono, e le loro parole non sono per nulla appesantite dalla polvere che si alza a cumuli e dalla fatica del lavoro. Scherzano tra di loro, sono sereni. Mi sembra di assistere a una di quelle scene di vita che Borges ha mirabilmente descritto nella poesia “I Giusti”. Vedo uscire da prefabbricati posizionati di fronte al portone d’ingresso diverse figure, sono tutti ragazzi che hanno terminato l’attività nei laboratori. Chiedono cosa è stato preparato in cucina. D’altronde è ora di pranzo anche qui. Accendo una sigaretta e mi fermo ad osservare l’imponenza del ponte Musmeci che affianca la comunità. Sembra che la protegga dal resto della città, ed è paradossale che a farlo sia proprio un ponte, quasi a sancire un legame tra due mondi apparentemente diversi, Potenza e “Potenza Città Sociale” di Insieme. Già perchè la dentro ci sono persone che stanno affrontando un percorso di disintossicazione, di rinnovamento, di crescita. Donne e uomini che torneranno a vivere la città non più da invisibili, ma da protagonisti attivi. Dopo un ottimo pranzo inizio il mio giro “esplorativo” accompagnato da una ragazza bionda e dallo sguardo un po’ triste. La struttura interna l’ho già vista altre volte, conosco poco i laboratori di artigianato. Prima fermata il laboratorio di pittura, e poi la falegnameria, la sala relax, la bottega del cuoio. Incontro gente normale che avrei potuto conoscere senza problemi in un locale o per strada, chi è più espansivo, chi più diffidente, alcuni mi sembrano possedere uno spiccato talento artistico, altri si divertono ad assemblare oggetti e a provare a dargli forma compiuta. In una delle stanze i ragazzi ascoltano la radio mentre lavorano. C’è un pezzo di Vasco Rossi, Vita Spericolata, non l’ascoltavo da tempo..”Ognuno a rincorrere i suoi guai, ognuno col suo viaggio, ognuno diverso…”Dopo Borges e il Ponte ora tocca alla musica. Sembra la giornata delle metafore e dei richiami dell’inconscio. Mi viene da sorridere al pensiero delle diversità che si incontrano, dei problemi che la vita pone e delle strade possibili che scegliamo ogni momento. Penso alla fragilità che abitano questo posto e alle mie fragilità che quasi mai ho curato e trattato con la dolcezza che meritano. Forse come la maggior parte dei ragazzi che oggi sto incontrando. Forse ho avuto solo più fortuna, forse ho colto opportunità diverse e nient’altro. Non lo saprò mai. Intanto il tempo è trascorso, sono le tre ed è ora di iniziare la riunione di redazione del secondo numero di Via del Sociale, come quasi tutti i giovedì da qualche mese a questa parte. Questa volta però la vivo con maggiore serenità, mi sembra di non avere più niente da dimostrare, di essere in sintonia con il contesto che sto vivendo. Sono le cinque del pomeriggio, la riunione è finita, si torna a casa, dall’altra parte del cancello. In macchina osservo ancora una volta il Ponte, quello che ha unito viaggi diversi, almeno per oggi.

Parole come “dentro” o “fuori” hanno ormai poco senso nella mia testa.

 Di Ascanio Donadio

Caro Ascanio, le tue riflessioni, i tuoi vedere “oltre” mi hanno profondamente emozionato. E’ importante per noi che anche due occhi vispi e attenti, esterni all’organizzazione, vedano ciò che noi tutti quotidianamente vediamo. Il tuo racconto ha aggiunto ancora dignità e significato a tutte le vite che girano nelle nostre strutture. Grazie.

Dott. Mimmo Maggi

Direttore Centro polifunzionale integrato “Potenza Città Sociale”

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